lunedì 21 luglio 2014

"Come un romanzo" Daniel Pennac


Chi ama la lettura e i libri, in tutte le loro forme e declinazioni, non può non leggere (e secondo me apprezzare) Come un romanzo di Daniel Pennac. Mi sono chiesta il perché, e credo che il motivo sia la verità che ne emerge. Le considerazioni e i fatti contenuti al suo interno sono reali, onesti, tanto da emozionarci quando li leggiamo perché, in 130 pagine, ricostruiscono la vita, il percorso, che accomuna tante persone, oggi lettori.

E' vero che, quando si è piccoli e non si sa ancora leggere, si è entusiasti verso qualsiasi storia, libro e in generale verso la lettura perché è una scoperta, un qualcosa di magico e che non sappiamo ancora gestire, quindi ancora più interessante. Come è vero che presto, già con l'inizio della scuola, tutta questa passione, sorpresa, e anche amore, spesso svanisce. Non solo per colpa della scuola in sè. Tanta responsabilità va agli adulti, che prima ci coccolavano con numerose narrazioni, coinvolgendoci e travolgendoci nelle loro interpretazioni, e che improvvisamente ritengono questo compito esclusivamente di altri, dei maestri, degli educatori, non sapendo neanche più cosa ci piace o come ce la caviamo con questa attività.

"Ma mandarlo a letto senza raccontargli la storia voleva dire far precipitare la sua giornata in una notte troppo nera. E lasciarlo senza averlo ritrovato. Punizione intollerabile, sia per lui, sia per noi."

Proprio in questo modo si "perde" un lettore, privandolo di stimoli e soprattutto quando ci si riferisce alla lettura solo per "traguardi", tralasciando il piacere della storia, lo stupore, la meraviglia, la fantasia. Si devono leggere tot pagine in tot tempo, solo così si migliora. Niente di più sbagliato.

"Il verbo leggere non sopporta l'imperativo, avversione che condivide
 con alcuni altri verbi: il verbo "amare"...il verbo "sognare"..."
Non tutto però è perduto. A volte, durante il percorso scolastico, ci si può rifare. Magari alle superiori, proprio quando si è sicuri di tutto e non si ascoltano più di tanto i consigli. Un bravo, e a questo punto vero, professore, unito a opere di grandi scrittori, possono riscattare il valore e il ruolo del libro, ma soprattutto del lettore.

"E grazie anche a voi, signori Marquez, Calvino, Stevenson, Dostoevskij, Saki, Amado, Gary, Ajar, Fante, Dahl, Rocher, vivi o morti che siate! Non uno, fra quei trentacinque refrattari alla lettura, ha aspettato che il professore arrivasse alla fine di uno dei vostri libri per terminarlo prima di lui."

Pennac stilla proprio una lista di "diritti del lettore", che non potrebbero essere più giusti e che forse, se li avessimo seguiti, leggeremmo tutti un po' di più. Anche gli stralci dell'esperienza personale dell'autore fanno riflettere e immedesimare, raccontandoci sia la sua vita da lettore, che quella da insegnante.



Il grande segreto, anche secondo la visione dell'autore, è: leggere per evadere, quando si è adulti, e leggere per non accontentarsi della visione statica della realtà, quando si è piccoli. In entrambe i casi è importante non dimenticarsi di aprire la mente, guardare oltre o osservare attentamente ciò che abbiamo intorno. Tutto questo, insieme alla curiosità, è ciò che anima il lettore.

Questo libro mi ha suscitato varie considerazione, prima fra tutte l'errore di considerare televisione, tecnologie, media in generale, le cause del poco tempo che alcuni giovani dedicano alla lettura. E' normale che col procedere degli anni le novità, i passatempi, le distrazioni cambino e aumentino, perché aumentano le comodità, la facilità con cui accedervi, ma questi mezzi non sono da sopprimere o bandire, ma da sfruttare, spiegando ai giovani come potrebbero usarle anche in questo senso. Penso ai blog, agli approfondimenti letterari in tv, ai video su Youtube, alle applicazioni legate al mondo dei libri o alle case editrici. L'importante è sottolineare la differenza tra il momento in cui si usano le tecnologie per informarsi o per passatempo, spluciando qua e là in rete le novità, i consigli di lettura, interviste agli autori, ecc...e il momento vero e proprio di lettura.

"Nel momento in cui mi pongo il problema del tempo per leggere, vuol dire che quel che manca è la voglia. Poichè, a ben vedere, nessuno ha mai tempo per leggere. [...] la vita è un perenne ostacolo alla lettura."

"Il tempo per leggere è sempre tempo rubato. (Come il tempo per scrivere, d'altronde, o il tempo per amare). Rubato a cosa? Diciamo, al dovere di vivere." 

Per quanto riguarda la scuola, anche lei fa quello che può. I fondi sono pochi, e anche il personale qualificato e al passo con i tempi a volte manca. Persone che non capiscono più i giovani, che si sentono solo presi in giro da loro e per questo stanchi di provare a insegnarli quelle materie che una volta li animavano di passione, perché tanto le facce che si ritrovano davanti non capirebbero. Non dico sia semplice fare l'insegnante oggi, ma credo che, quello che manca più di tutto, è il saper ascoltare, e questo da ambe due le parti. Altrettanti istituti, classi, insegnanti però sono fortunati (per i fondi) e attenti, e dedicano molto tempo agli incontri con gli autori, laboratori, gare e concorsi letterari.

Sicuramente un esame di coscienza andrebbe fatto anche in famiglia. Dico questo per gli esempi a me vicini. Molti dei parenti o conoscenti, miei o dei miei genitori, che hanno figli di un'età compresa dai 6 ai 14 anni non sono riusciti a far appassionare i figli alla lettura. I bambini in questione leggono per propria scelta al massimo un libro all'anno e odiano quelli dati dalla scuola (che si impegna a dare titoli nuovi e accattivanti). Se si ascoltano un attimo le motivazioni della svogliatezza di questi bambini, si capisce che molte partono dai genitori, che si lamentano della mole del libro, delle trame ("Ma ci vogliono libri umoristici e semplici, se no i bambini cosa capiscono?"). Ma ancora peggio, in casa non si vede mai circolare una rivista, un giornalino, un fumetto, o un libro appunto. Ora, come ci si può appassionare a qualcosa che ai nostri occhi appare come un obbligo scolastico, che ci ruba tutto il tempo libero? Ma soprattutto, come si può essere invogliati a svolgere un'attività sconosciuta e così sottovalutata da chi ci sta attorno?

Come dice Pennac, e come dovrebbero capire tutti, è sbagliato costringere il bambino a leggere contro la sua volontà, perché il primo approccio con questa attività non sarà semplice, richiederà sforzo, se poi la si fa diventare un'imposizione, tanti saluti. Ricordo quando iniziai a leggere, con mia mamma accanto che mi aiutava. Ero disperata, odiavo il mio libro di lettura, le lettere si attorcigliavano non ci capivo nulla e non vedevo l'ora di andare a giocare. Ma proprio perché in quei momenti avevo mia madre vicino, che mi spiegava quanto quella fatica mi avrebbe ripagata, ho superato l'ostacolo e ho scoperto un mondo nuovo e divertente. La sua lettura ad alta voce mi introduceva alla comprensione del testo, che da sola non avrei colto, perché non abituata a farlo. Non conta dire semplicemente "Aiuto mio figlio a fare i compiti tutti i giorni per un paio d'ore" e poi gli si sta a fianco sbuffando, imprecando, guardando l'orologio.

Molta importanza, nel libro, viene data proprio alla lettura ad alta voce, tanto snobbata dai più grandi e dagli adolescenti, ma che serve se curata, perché stimola la voglia di andare avanti e magari terminare la storia letta. La diffidenza diventa passione, e le prime considerazioni, magari brevi e un po' banali dei ragazzi, diventerà vera e propria vena critica. Questo grazie al confronto e alla discussione insieme.

"Il rituale della lettura, ogni sera, ai piedi del suo letto, quando era piccolo - orario fisso e gesti immutabili - aveva qualcosa della preghiera. Quell'improvviso armistizio dopo il frastuono della giornata, quell'incontro al di là di ogni contingenza, quel momento di silenzio raccolto che precede le prime parole del racconto, la nostra voce finalmente identica a se stessa, la liturgia degli episodi...Si, la storia letta ogni sera assolveva la più bella funzione della preghiera, la più disinteressata, la meno speculativa e che concerne solamente gli uomini: il perdono delle offese. Non confessavamo nessun peccato, non cercavamo di conquistarci nessuna fetta di eternità, era un momento di comunione, tra di noi, l'assoluzione del testo, un ritorno all'unico paradiso che valga: l'intimità."

Due paure dei neo-lettori che vanno abbattute sono: quella di non capire e quella legata alla durata della lettura (la lunghezza del libro, il numero di pagine). Ci si sente inferiori, impreparati di fronte ad alcuni titoli, ma stupidamente, perché in realtà molti classici-mattoni sono libri fruibilissimi da tutti, spesso nati come letture popolari. Comprendere poi che quelle ore spese a leggere non sono perdita di tempo, ma arricchimento personale è arduo, all'inizio, ma non impossibile.

Fondamentale è poi condividere,  raccontare con entusiasmo ciò che si è letto e amato, per far capire agli altri che anche loro possono perdersi tra quelle pagine e provare le stesse sensazioni.

"Quel che abbiamo letto di più bello lo dobbiamo quasi sempre a una persona cara. Ed è a una persona cara che subito ne parleremo. Forse proprio perché la peculiarità del sentimento, come del desiderio di leggere, è il fatto di preferire. Amare vuol dire, in ultima analisi, far dono delle nostre preferenze a coloro che preferiamo. E queste preferenze condivise popolano l'invisibile città della nostra libertà. Noi siamo abitati da libri e da amici."

Non basta regale un libro qualsiasi, in silenzio, per dire di aver fatto il proprio dovere.


"Rileggere non è ripetersi, ma dare una prova sempre nuova di un amore instancabile."

"L'uomo costruisce case perché è vivo, ma scrive libri perché si sa mortale. Vive in gruppo perché è gregario, ma legge perché si sa solo. La lettura è per lui una compagnia che non prende il posto di nessun'altra, ma che nessun'altra potrebbe sostituire." 

mercoledì 16 luglio 2014

Aprire gli occhi: "Quasi storie" @ Cotignola

Oggi inauguro una nuova sezione del blog, "Aprire gli occhi", che nei mesi raccoglierà le mostre, i festival, le conferenze, alle quali parteciperò, legate ai libri, all'illustrazione, ai fumetti, e chi più ne ha più ne metta. Tutti eventi che secondo me sono degni di nota e che voglio condividere con voi per permettervi di conoscere meglio realtà poco note o autori che ho saputo apprezzare.

Parto parlandovi di una bellissima mostra che in realtà ho visitato già da un po', che è terminata anche da qualche tempo, ma che ho molto apprezzato e quindi ho deciso di mostrarvi qualche foto e spiegarne meglio gli intenti. Sto parlando di Quasi storie, tenutasi a Cotignola (un piccolo comune in provincia di Ravenna) dal 2 al 22 giugno.





Mostra che raccoglieva più di trenta autori, tra disegno, fumetto e illustrazione, e arti varie, praticati con tecniche particolari e spesso molto diverse tra loro. Nomi conosciuti nel panorama editoriale, che hanno saputo affrontare questi linguaggi in modo personale e diverso. Per citarvene alcuni: Agnese Baruzzi, Nicoletta Ceccoli, Mara Cerri, Marina Girardi, Magda Guidi, Octavia Monaco, Virginia Mori, Davide Reviati, Gek Tessaro...e molti altri.

Una mostra in cui la magia e la potenza del disegno, insieme al candore e ambiguità dell'illustrazione per bambini, funzionano come inneschi e stimoli per inseguire e inventare racconti, per generare narrazioni sconosciute e imprevedibili che si potranno continuare e trasformare all'infinito.

Il presupposto era quello di costruire prima di tutto una mostra per bambini, che si articolasse anche in laboratori con gli autori, nella settimana dal 3 all' 8 giugno, soprannominata: "Saluti da Cotignyork".

Una settimana di occupazioni felici e rivoluzioni gentili...per le bambini e i bambini, e i grandi anche.

Giornate completamente dedicate ai più piccoli, agli adulti curiosi o che sanno ancora cosa sia l'infanzia e agli appassionati di storie, guidati da laboratori creativi, spettacoli, letture, attività di vario tipo che spingono all'apertura mentale, alla scoperta di cose nuove e di se stessi.

Che le storie sono ciò che ancora ci tiene insieme, e si possono raccontare di certo con le parole, ma a noi piace un sacco farlo anche con le immagini e allora Cotignyork è fatta non solo di voci, ma anche di corpi e soprattutto di disegni, tantissimi disegni. E le figure sono mondi e dentro a questa settimana i mondi sono molti, e ramificati e divertentissimi, e così lontani talvolta, ma tutti attraversati dal bisogno e desiderio di narrazioni e di modi di vedere gli altri.
Perché cambiare il punto di vista equivale ad innescare un racconto, il suo inizio possibile almeno. E così, queste quasi storie, possiamo completarle e dargli spazio, e rilanciarle fino a spostare un po' più in là l'orizzonte.

Tornando alla mostra vera e propria, questa si sviluppava creando un percorso di rimandi e collegamenti, tanto da formare delle sezioni interne all'esposizione. Obbiettivo principale era però il voler mettere in discussione le consuetudini, come ad esempio quella che vede il disegno come semplice accompagnamento visivo delle parole. Per creare questo "ribaltamento" sono state chiamate a intervenire scrittrici, poetesse, attrici, maestre, bibliotecarie, che hanno scritto brevi storie, inizi di racconti, che lo spettatore poteva leggere, e magari completare personalmente. Questa volta partendo dalle immagini; parole, pensieri, avvenimenti, suscitati dai disegni.






 (un esempio perfetto sono queste illustrazioni di Davide Reviati, accompagnate da brevi frasi che creano personaggi, micro storie, parlano del vissuto. Alcune anche molto buffe.)

Una mostra per riscoprire il disegno come narrazione e il racconto come mezzo per tenerci insieme, uniti, creando comunità.

Come dice il volantino, Quasi storie è anche una mostra "anarchica", perché ricca di strappi, scarti narrativi, fuori tema, che permettono di aprire l'orizzonte immaginativo, e sapere accettare, comprendere e così apprezzare tecniche che sembrano, ad un primo sguardo, distanti e strane, come il collage, la scultura, il cucito, le tecniche digitali. In realtà, guardandole bene, tutte sono collegate a modo loro, creando un filo rosso che ti accompagna per tutta la visita.


 (Agnese Baruzzi con illustrazioni fatte in silhouette, e che ricordano tanto le animazioni del passato.)



(Un tipo di illustrazione molto originale, nata dal cucito, dall'utilizzo di materiali insoliti, come perline, spugne...)
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(Il riutilizzo, dando un significato del tutto nuovo e originale, di semplici francobolli.)
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(I "teatrini" di Marilena Benini, animati e abitati da materiali diversi e attentamente scelti a seconda del soggetto che compongono.)


(Collage di Rita Ravaioli, con l'impiego di forme e colori semplici, e carte molto diverse tra loro.)



(Animaletti che pendono dal soffitto e che si muovono al nostro minimo spostamento. Anche questi creati con materiali diversi tra loro.)


(Bubilda, con questa particolare installazione e con l'utilizzo sempre del cucito.)
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(Alice Iaquinta, con collage molto curati, minimali e grafici.)


(Luca Lavatori, con una grande sequenza di disegni in movimento, dal gusto tribale, primitivo.)





(I collage molto personali di Roberta Galassini, utilizzando foto di famiglia, applicate su mappe di vari luoghi.)


(Silvia Chiarini, con un tipo di illustrazione molto grafica e minimale, utilizzando pattern particolari.)


(Michela Mazzoli, che sfrutta come supporto di lavoro una foglia secca.)

Tutte opere molto evocative, che proprio per la varietà, di linguaggio o materiale, riescono a suscitare in ognuno di noi qualcosa di diverso. 

Vorrei chiudere il post con un'altra carrellata di immagini, troppo belle per non essere viste, e con una frase presente sul programma della mostra e che mi è piaciuta molto, e racchiude il significato di molti di questi lavori.
"Perché, come nel disegno dei bambini, ad un certo punto succede qualcosa d'imprevisto, che ci spiazza e porta via."


(Monica Zani, che utilizza una tecnica mista con acrilici e collage e come supporto pagine di libri,ma anche acquerelli per i suoi "ritratti".)


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(Giovanni Rizzo, che crea accostamenti di colore che a me personalmente piacciono molto. Delicati e originali.)




(Uno stile che amo molto, quello di Andrea Rivola, con questi personaggi stondati e caricaturali, è immediatamente riconoscibile per l'originalità della caratterizzazione. E anche la tecnica utilizzata si accosta perfettamente.)


(Andrea Ghetti, anche lui con una caratterizzazione unica e particolare.)




(Marina Girardi, con le sue illustrazioni libere, poetiche, che a me ricordano l'atmosfera del sogno.)


(Davide Reviati)






(L'incantevole stile e accostamento di colore di Magda Guidi.)





(Uno stile davvero unico e riconoscibile e una grande abilità nella composizione traspare dai lavori di Michelangelo Setola.)



(Michele Ferri, con un formato di lavoro che io adoro e immagini ben costruite, con una grande cura per gli accostamenti di colore.)








(Altra illustratrice che amo molto, Mara Cerri, per la cura che mette nei suoi lavori, la costruzione delle immagini, l'uso dello spazio e la distribuzione degli elementi in esso e l'uso dei colori.)



(Nicoletta Ceccoli)


(Virginia Mori, con queste atmosfere gotiche, grottesche, che mi richiamano sempre alla mente Edward Gorey e la Famiglia Adams.)


(Octavia Monaco, con lavori materici, ricchi di simboli)





(Un autore che non conoscevo bene, più per nome ecco, che ho saputo scoprire meglio e apprezzare tantissimo, Cesare Reggiani.)


(Il bravissimo e sempre inedito Gek Tessaro.)


(Mauro Monaldini, un autore che non conoscevo e che è stato una piacevolissima sorpresa. Grande attenzione per i particolari e lo studio di personaggi. Illustrazioni dalla composizione originale, con soggetti e situazioni che sanno coinvolgere e  incuriosire. Da guardare attentamente per scoprire nuovi dettagli.)

In generale consiglio a tutti di visitare mostre di illustratori e fumettisti, perché anche se già amiamo e stimiamo questi autori sulla carta, non sapete cosa potete scoprire a vederne gli originali. Notare come quello che banalmente si può considerare un errore diventi particolarità dell'opera; poter vedere studi, "fuori programma", che non troveremo mai pubblicati. Ma anche apprezzare la grande capacità tecnica, la precisione di alcuni artisti e poter cogliere la differenza tra l'originale e del risultato finale, stampato.